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Una giornata ai confini occidentali…

Levone, Rocca, Corio, Grosso

Agostino Grassino

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”

“La luna e i falò”, Cesare Pavese
Da ragazzo, con i miei genitori o qualche altro adulto si parlava spesso dei vari paesi del Canavese. Quando si menzionavano Rocca e Corio era come parlare di un altro mondo. Per conoscere questi paesi, se non vi si avevano dei parenti, bisognava recarvisi di proposito. Se andare al mercato a Rivarolo era un’abitudine, niente ci portava verso Levone, Rocca, Corio o Grosso.
In realtà alla fine dell’ottocento il mio trisavolo, che produceva e vendeva i manici delle fruste per i cavalli in legno di bagolaro, arrivava nei suoi commerci fino a Nole. La curiosità e la voglia di vedere da vicino alcune cappelle romaniche di quelle zone hanno spinto me, mia moglie ed una nostra amica a fare di questi paesi una meta per una delle nostre solite gite.

Passando per Rivarolo, Favria e Rivara (veramente poca strada) eccoci a Levone, nota agli appassionati di storia locale per il processo alle streghe che vi si tenne nel 1474, con conseguente condanna al rogo delle malcapitate Antonia, Francesca, Bonaveria e Margarota.

Qui, dopo una rapida occhiata alla parrocchiale barocca di San Giacomo Apostolo, troviamo nella stessa piazza a sinistra della chiesa, un parco in cui svetta un cedro secolare ed una villa di fine ‘800. E’ Villa Bertot, dal nome dell’industriale di Forno Canavese che la acquistò nel 1919 e la scelse come residenza in quanto proprietario della vicina cava di pietra da calce. Oggi è occupata in parte dalla casa comunale ed appartiene al Comune di Torino. Ma la vera attrazione per noi sono la torre-porta e ciò che resta del ricetto: facendo un rapido giro all’interno ne constatiamo la cattiva conservazione e qualche tentativo di recupero.

  • Levone – Chiesa Parrocchiale

  • Levone – torre-porta

  • Rocca Canavese – Santa Croce

  • Rocca Canavese – M.V. Assunta

  • Corio – Chiesa Parrocchiale

  • Grosso Canavese – San Ferreolo

    Risaliamo in macchina e ci dirigiamo verso Rocca Canavese. Su un poggio troviamo la chiesa cimiteriale di Sant’Alessio, già chiesa parrocchiale, con un bel campanile romanico. Poco distante la piazza principale con l’attuale parrocchiale dedicata all’Assunta, la cui costruzione iniziò nel 1771 utilizzando, pare, le pietre dell’antico castello. In fondo alla piazza, dopo pochi metri lungo la via, troviamo la cappella di Santa Croce. Dedicata in origine a San Giovanni Battista e risalente ai secoli XI-XII, fu edificata come oratorio del vicino castello.

    Vogliamo assolutamente ammirare gli affreschi tardogotici che conserva al suo interno. Riusciamo a trovare la solita anima buona che ci indica chi possiede le chiavi (in realtà a Rocca c’è una attivissima associazione: gli Amici di Santa Croce) ed in breve tempo possiamo osservare tutto da vicino.

    Dopo i recenti restauri la datazione è stata data dalla seconda metà del XV alle prime decadi del XVI secolo.

     

    Dopo i recenti restauri la datazione è stata data dalla seconda metà del XV alle prime decadi del XVI secolo.

    Nelle vele della volta sono raffigurati gli Evangelisti ed i dottori della Chiesa abbinati tra loro: San Marco con San Girolamo; San Luca con San Gregorio Magno; San Giovanni con Sant’Agostino; San Matteo con Sant’Ambrogio. Li separano sugli archi a sesto acuto decorazioni di angeli, erbe e fiori che compongono arabeschi.

    Nella parete di fondo del presbiterio vediamo Dio Padre che stende le braccia verso un compianto sul Cristo Morto e, nella fascia sottostante, una teoria degli Apostoli raffigurati a coppie dialoganti. Su uno dei pilastri del presbiterio San Bernardino. Sulle pareti laterali diversi santi. Tra gli altri si riconoscono Santa Apollonia, San Sebastiano, Santa Liberata e Sant’Antonio Abate. In alto sulla parete troviamo una Madonna della Misericordia che protegge sotto il suo manto i confratelli della Compagnia dei Disciplinati ed infine sulla parete destra una Madonna del latte tra angeli musicanti.

    Terminiamo la visita e proseguiamo verso Corio, lasciandoci alle spalle le rovine delle mura del castello più volte distrutto e ricostruito. L’ultima distruzione risale al XVIII secolo. A Corio apprezziamo l’aria fresca di mezza montagna e la cerchia di monti che ci circonda e da sempre fa del paese una meta turistica ambita per i piemontesi. Parcheggiamo nella piazza principale sulla quale si affacciano due chiese: la parrocchiale, del 1744, dedicata a San Genesio martire e la chiesa di Santa Croce del 1715. Dopo aver pranzato in un delizioso locale risaliamo la via pedonale che porta al Municipio. Da qui inizia il percorso del museo all’aperto ARCO (come ad arco sono le montagne di Corio) che ospita lungo le vie opere di artisti di varie correnti di arte contemporanea quali: Francesco Casorati (figlio di Felice), Chessa, Surbone, Soffiantino ed altri.

    Lasciamo anche Corio per raggiungere Grosso Canavese che come gli altri paesi visitati si trova nella zona della Vaude, pianalti morenici ricoperti di ampie zone boschive. Una parte delle Vaude, un tempo adibita a poligono militare, è stata dichiarata riserva naturale integrata nel 1992 dalla regione Piemonte.

    Diamo un’occhiata veloce al castello, situato sulla piazza principale del paese, notevole esempio dell’architettura barocca piemontese del Seicento e ci dirigiamo verso la chiesa romanica di San Ferreolo, che sorge al limitare delle Vaude di Rocca e Nole in campagna, nei pressi di una cascina presso la quale sono custodite le chiavi. La chiesa è stata   restaurata (direi pesantemente, le porte sono di fattura moderna e non hanno nulla a che vedere con il resto dell’edificio) negli anni Settanta del secolo scorso.

    Edificata nell’XI secolo ha muri con ciottoli a spina pesce, mattoni di riutilizzo, archetti pensili in facciata e nei muri laterali, con specchiature trinarie nell’abside e la copertura a capriate. Al suo interno conserva nell’abside un Cristo Pantocratore in mandorla. Da notare il tetramorfo, con le figure simboleggianti i quattro evangelisti e alle due estremità la Madonna e san Giovanni Evangelista.

    Nel registro inferiore sono rappresentati i dodici apostoli, che presentano curiosamente aureole alternativamente chiare e scure. Sulla parete di sinistra troviamo una Madonna del Latte datata 1472 ed un San Bernardino da Siena, interrotti sulla sinistra da uno dei contrafforti costruiti a sostegno del nuovo soffitto. La parte più suggestiva del ciclo di affreschi quattrocenteschi è però data dalle immagini allegoriche delle sette Virtù e dei sette Vizi capitali, ognuna identificata da un cartiglio in caratteri gotici.

    • San Ferreolo

    • San Ferreolo

    • San Ferreolo

    • San Ferreolo

      Nella fascia superiore troviamo le Virtù, rappresentate con figure femminili in eleganti abiti. Partendo da sinistra troviamo l’Umiltà (con un agnellino tra le mani), la Carità (che distribuisce monete d’oro a due bimbi nudi), la Pazienza (che prega, mentre un angelo le pone in capo una corona); parzialmente coperta da un contrafforte la Castità (con la veste bianca ed un giglio in mano), l’Astinenza (con un piatto quaresimale), la Temperanza (che travasa pazientemente l’acqua da una brocca all’altra) ed infine la Prudenza (con una testa e tre volti diversamente colorati – il passato, il presente ed il futuro – mentre nella mano destra tiene un compasso). 
      Nella fascia inferiore troviamo la Cavalcata dei Vizi, rappresentati da sette figure femminili che cavalcano ciascuna una bestia diversa, tormentate da diavoli mentre si dirigono nelle fauci spalancate di un mostro infernale.

      Partendo da sinistra abbiamo la Superbia (una dama con scettro e scudo che cavalca un leone, mentre un diavoletto le strappa la corona), l’Avarizia (che cavalca una scimmia tenuta con una catena, mentre stringe in mano un sacchetto di monete), l’Ira (che cavalca un orso e si trafigge la gola con un pugnale); a destra si riconosce appena la Lussuria, ricoperta da un sostegno della volta (si vedono solo le zampe del caprone che cavalcava); poi la Gola (a cavallo di un lupo mentre sta addentando la coscia di un pollo); ancora  l’Invidia (che cavalca una volpe ed allarga le braccia mentre un diavoletto le si attacca al collo) ed ultima, la Pigrizia (con i lunghi capelli sciolti, a cavallo di un asino).

      Siamo rimasti parecchio tempo ad ammirare e ricercare i particolari di questi affreschi, torneremo a casa contenti ed appagati.

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