Apre Palazzo Giusiana la “casa” di Ivrea Capitale italiana del libro 2022
Dal 15 ottobre 2022 al 8 gennaio 2023 Ivrea Capitale del libro inaugura il nuovo spazio dedicato alle attività culturali cittadino con due mostre: “Deux Ex Littera” con le opere di Massimo Giannoni e di Paolo Amico e “Scrittori in prosa” con le fotografie di Mauro Raffini.
La “casa” di Ivreà è posta all’interno dello storico Palazzo Giusiana, oggi cuore di un’importante opera di rigenerazione urbana e restituzione alla comunità.
La mostra “Deux Ex Littera”, curata da Costanza Casali, esplora il confine tra arte contemporanea e letteratura attraverso le opere di Massimo Giannoni e Paolo Amico, artisti scelti per la peculiarità delle loro creazioni, strettamente connesse con il progetto di Ivrea Capitale italiana del libro 2022: Massimo Giannoni è noto per le sue meravigliose tele dedicate alle librerie e alle biblioteche, mentre Paolo Amico si distingue per la realizzazione di opere con una tecnica esecutiva unica che consiste nell’utilizzo di penne biro.
Deus ex littera. Credit: Foto Marino Ivrea
In mostra inoltre alcune opere realizzate con la macchina da scrivere Lettera22 e un intenso ritratto di Adriano Olivetti realizzato con una nuova tecnica “a timbro”, cioè con i timbri originali dell’Archivio Storico Olivetti.
Il titolo, il quale letteralmente significa “il dio dalla lettera”, prende spunto dall’espressione “deus ex machina”, letteralmente «il dio dalla macchina», che deriva dal teatro tragico greco, in cui degli attori, opportunamente imbragati, venivano calati dall’alto sulla scena nel bel mezzo della rappresentazione e, con il loro intervento, a mezzo di proclami e rivelazioni, dipanavano le situazioni più complicate. Quindi, il deus ex machina era colui che in un baleno forniva la soluzione provvidenziale e insperata di un caso apparentemente irrisolvibile.
Così prende vita la mostra “Deus ex littera” che fa metaforicamente di Adriano Olivetti la figura risolutrice di problemi a beneficio di tutta la comunità, attraverso le azioni volte al benessere dei suoi dipendenti e del territorio, nonché attraverso le macchine prodotte dall’omonima azienda.
Molteplici sono state le macchine rivoluzionarie da lui create; ma, proprio in occasione della nomina di Ivrea a Capitale Italiana del Libro 2022, la mostra valorizza la “Lettera 22”, l’iconica macchina per scrivere Olivetti, che ha proprio ispirato il logo della nostra candidatura a Capitale e che venne concepita come una macchina versatile, facile da usare… una macchina in grado di risolvere problemi pratici alla portata di tutti; essa entrò in scena nel 1950, disegnata dall’architetto e designer Marcello Nizzoli.
Nella prima e nella seconda sala della mostra, sono esposte opere di varie dimensioni del Maestro Massimo Giannoni, elaborate con la tecnica della pittura ad olio su tela, delle quali alcune totalmente inedite, realizzate appositamente per la mostra, dove i grumi e le grasse spatolate di colore col tempo, asciugandosi, si modificano e si impolverano, consentendo giochi di luce in continuo mutamento. Nelle sue realizzazioni coesistono superlativamente la pittura figurativa e quella astratta, in un connubio che al primo colpo d’occhio pone in risalto la prima, mentre, ad una visione più prossima, accentua la seconda. Dunque, a fare la differenza è la distanza nella fruizione dell’opera, nella quale la realtà si eleva sopra se stessa ed è sempre in evoluzione. Massimo Giannoni è pioniere, fra gli artisti italiani, nella scelta di soggetti quali librerie e biblioteche storiche che rappresentano la conoscenza contenuta saldamente nei volumi posti sugli scaffali delle stesse.
Ed è proprio questo gioco fra stabilità e mutevolezza, fra memoria e trasformazione, a caratterizzare l’opera del Maestro: un’incessante continuità che attinge dal passato, vive nel presente e costruisce il futuro. In un simile contesto, il libro e la cultura costituiscono l’emblema di questo continuo scambio epocale, nel quale i temi universali si fondono con la modernità, arricchendosi vicendevolmente di sempre nuove prospettive.
Nella seconda e terza sala sono altresì presenti 22 macchine per scrivere Olivetti “Lettera 22”, che raccontano la filosofia olivettiana, attraverso la presenza di opere – immagini e pensieri – battute a macchina utilizzando la medesima “Lettera 22”: ivi sono raffigurate, per mano dell’artista birorealista Paolo Amico, le sette comunità della filiera del libro che costituiscono il fondamento della nostra candidatura, ovverosia scrittori, editori, lettori, insegnanti, tecnologia, Bibliotecari e Librai. Compariranno ritratti di celebri scrittori come Pier Paolo Pasolini e Indro Montanelli, lettori, insegnanti come Maria Montessori e molti altri elementi legati a queste tematiche.
Nella terza sala, sono collocate 10 opere a penna e 4 a macchina per scrivere, tutte realizzate da Paolo Amico, le quali erano state precedentemente esposte all’interno dell’Antica Sinagoga eporediese, per la mostra “Ivrea città industriale – Ivrea città per l’arte”, realizzata nel 2016, ancor prima che le strutture olivettiane diventassero patrimonio dell’Unesco, proprio a sostegno di tale nomination.
Sempre nella terza sala, un ulteriore focus è rappresentato dall’opera “Work in progress” dell’artista Paolo Amico, in cui compare l’asilo olivettiano, celebre per essere stato il primo asilo aziendale in Italia concepito e pensato “A misura di bambino”. Adriano Olivetti era fermamente convinto che occorresse iniziare a costruire le basi della cultura sin dalla tenera età; per questo l’artista ha inserito sulla parete esterna la dicitura sotto forma di neon “Cultura è progresso”. A proposito del titolo dell’opera, si segnala che l’edificio è di proprietà del Comune, all’interno della zona Unesco, ed è oggetto di una imminente ristrutturazione e riapertura: da qui trae origine la scelta del titolo “Work in progress”.
La mostra prosegue con sei “Opere neon”, anch’esse realizzate con penne su carta, rappresentanti la sagoma illuminata dell’iconica macchina per scrivere “Lettera 22”, con un’impostazione analoga ai celebri ritratti di Andy Warhol a Marylin Monroe, che hanno fatto della star un’immagine iconica in tutto il mondo, e con un’opera dal titolo “Scripta manent”: quest’ultima è un elogio della scrittura e degli strumenti per la scrittura; il titolo dell’opera rimanda al proverbio latino “scripta manent, verba volant”, che, tradotto letteralmente, significa “le parole volano, gli scritti rimangono”, rappresentando un invito alla prudenza nello scrivere o come in questo caso nel disegnare, nonché evidenziando come gli scritti possano creare opere e documenti indelebili nel tempo. Sarà altresì presente un prototipo di un’opera luminosa raffigurante la lettera “O” di Olivetti.
Infine, è stato realizzato da Paolo Amico, appositamente per la mostra, un ritratto di Adriano Olivetti, intitolato per l’appunto “Deus ex littera” ed eseguito sperimentando una nuova tecnica, che ha previsto l’utilizzo di cinque differenti timbri Olivetti, pervenuti attraverso la collaborazione dell’Associazione Archivio Storico Olivetti e risalenti a diverse epoche; infatti, osservando da vicino, sarà possibile scorgere la dicitura “Olivetti” con differenti caratteri.
Sempre Palazzo Giusiana ospita anche la mostra fotografica “Scrittori in prosa” di Mauro Raffini, a cura di Sandra Raffini, 47 scatti di autori e autrici contemporanei realizzati negli anni e collocata nella sala d’ingresso dedicata a Ivrea Capitale italiana del libro 2022, un vero e proprio portale d’accesso in cui approfondire la conoscenza del progetto della Capitale e il percorso del Manifesto per il futuro del libro.
Mauro Raffini ha fotografato più di cinquanta scrittori e scrittrici, volti in cui il suo occhio ha tentato di esplorare il segreto di un’anima. Per farlo ha inseguito il gioco della luce con l’ombra, ha accarezzato le superfici, facendo tesoro dell’aforisma di Hofmannsthal, “la profondità va nascosta. Dove? Alla superficie”. Ogni immagine del fotografo torinese è un racconto senza parole, ogni fotografia è un tentativo di fermare il tempo, di cristallizzare in un gesto, in un volto, in uno sguardo il fluire mutevole della vita e della storia. Nel ritratto la fotografia diventa il centro, il luogo geometrico di un’esistenza, la storia di un’anima, persa, slabbrata, nascosta, che può non aver nulla a che fare con la somiglianza fisica. Quell’attimo, quel nanosecondo dello scatto trasforma un volto in un’icona, ma permette di immaginare, soprattutto ai lettori, ciò che succede prima e dopo quell’istante. In questo senso la fotografia è come l’innamoramento secondo Stendhal: la cristallizzazione di un attimo che si allarga a ogni momento della vita. È la prima immagine quella che conta, rimane splendida, luminosa e unica, tutte le altre diventano fotocopie e si confondono nel brusio informe del quotidiano.
Noi sappiamo che quei volti, catturati dallo scatto, furono diversi prima e subito dopo.
Molti di essi sono scomparsi, ma non c’è differenza tra i vivi e i morti, perché sono entrambi congelati in un altrove. Quasi tutti i ritratti degli scrittori risalgono alla seconda metà degli anni Ottanta: alcuni grandi, oggi già considerati dei classici, come Primo Levi, Lalla Romano, Natalia Ginzburg, Arbasino, Arpino, Soldati, Volponi, Fruttero e Lucentini, Rigoni Stern, altri meno, ma dietro tutti quei volti, quegli sguardi, c’è una storia, un minuscolo scrigno di gioie e sofferenze segrete.
In mostra infine alcuni volumi del Fondo A della Biblioteca Olivetti, donata al Comune nel 1973 e ora esposti a quasi cinquant’anni di distanza. Il Fondo Olivetti A è costituito da un insieme di circa 25.000 volumi a stampa, per la maggior parte pubblicazioni della prima metà del ‘900 in lingua italiana, francese, inglese, tedesca, che dal punto di vista del contenuto riguardano un ambito disciplinare di carattere umanistico (letteratura, sociologia, filosofia, arte, architettura, storia, musica, cinema, teatro). Tra tali volumi, ne troveremo uno di Chagall con la dedica in originale alla Biblioteca Olivetti.
Palazzo Giusiana
Nel centro storico eporediese il Palazzo è composto da tre piani fuori terra e da uno interrato, a seguito dell’innalzamento del livello del terreno. Di particolare rilievo è la scalinata monumentale cinquecentesca che parte dal piano terreno per giungere al primo piano. L’edificio oggi si sviluppa intorno a due cortili interni, uno porticato, con colonne che sorreggono archi a tutto sesto e volte a crociera, l’altro delimitato dalle sobrie facciate interne.
Incerta è la sua origine. Si è sviluppato probabilmente intorno ad una casa con torre quattrocentesca, ora inglobata nel Palazzo, che originariamente faceva parte di un complesso residenziale più vasto dell’attuale e si allacciava, con un’ala cinquecentesca porticata, denominatala “Serra”, alla chiesa gotica di S. Francesco. La suddetta ala, la chiesa e altri corpi dell’edificio furono demoliti nel 1933 per l’edificazione dell’attuale liceo classico “C. Botta”.
Il Palazzo è raffigurato in una stampa del Theatrum sabaudiae (n 9) con la didascalia “P. del B. Perrone” dal nome della famiglia sua prima proprietaria e probabile committente. Nella stampa esso appare come un edificio imponente davanti al quale si estende un vasto giardino. Nel 1635 Monsignor della Chiesa lo descrive come il più bello e magnifico palazzo che al di là da Dora sia in Piemonte dal Barone Perrone è stato edificato. E’ probabile che il Monsignore si riferisca al palazzo di proprietà di Carlo Perrone, conte di San Martino e barone di Quart, auditore camerale e consigliere del Duca Carlo Emanuele I di Savoia.
Il palazzo fu proprietà della famiglia Perrone sino al 1799. Nel 1755 il giardino fu ingrandito con un raddoppio della superficie dal conte Baldassarre Perrone che acquistò, in quell’anno, il terreno vicino di proprietà dell’Abbazia di Santo Stefano. Il palazzo poi è diventato proprietà dalla famiglia Garda sino 1817 per poi passare ad un parente di questa, il colonnello Amadeo Giusiana, da cui deriva l’odierno nome.
Ha ospitato personaggi illustri tra cui Napoleone Bonaparte vi soggiornò per alcuni giorni, quando passò da Ivrea nella prima fase della seconda campagna d’Italia (1800).
Durante la dominazione francese fu sede della Prefettura. Successivamente sede del Tribunale e della Procura del Re (1807) e poi della Repubblica. Nel 1864 il Comune acquistò il palazzo per ospitare in alcune sale la preziosa collezione d’arte orientale donata da Pier Alessandro Garda. Il museo fu inaugurato nel 1876 e fu arricchito anche dalla collezione Perrone. Dalla fine dell’Ottocento è stato sede del Tribunale e della Corte d’Assise. A metà degli anni Settanta del Novecento, a causa del degrado, fu necessario un importante intervento di ristrutturazione. Durante i lavori, la rimozione di controsoffitti portò alla luce gli originali solai lignei a cassettoni e alcune decorazioni affrescate di cui non si conosceva l’esistenza.
L’edificio ha ospitato quasi ininterrottamente dalla fine del XIX secolo sino alla metà degli anni 2010 il tribunale di Ivrea. Più recentemente sono stati temporaneamente spostati alcuni servizi del Comune di Ivrea per presidiare la struttura in generale stato di dismissione. Proprio recentemente, nell’ambito della Missione 5 del PNRR “Progetti integrati di rigenerazione urbana Missione M5C2 Infrastrutture sociali, famiglie, comunità, terzo settore”, Palazzo Giusiana è stato inserito in un progetto della Città di Ivrea concernente la sua rigenerazione con i Giardini Giusiana e la Sala Cupola del Centro Congressi La Serra. Il progetto è stato tra quelli selezionati come beneficiario di un finanziamento di 8 milioni di Euro.
“Sono molto orgogliosa che la città possa tornare a fruire dei saloni di Palazzo Giusiana, da tempo non utilizzati e chiusi – dichiara l’Assessore alla Cultura, Avv. Costanza Casali – a maggior ragione in quest’occasione, ove, grazie a Capitale Italiana del Libro, si è potuto organizzare una mostra che vede quali protagonisti due grandi artisti: il Maestro Massimo Giannoni, affermato pittore di fama internazionale, con le sue meravigliose tele ad olio, e il talentuoso giovane Artista Paolo Amico, birorealista che ha utilizzato la penna biro, i timbri e la macchina per scrivere. Le opere esposte, per la grande parte realizzate appositamente per la mostra, hanno permesso di porre in risalto tutte le declinazioni della scrittura, dalla penna al pennello e al timbro, sino, per l’appunto, alla macchina per scrivere Lettera 22, simbolo olivettiano per eccellenza. La mostra, che ho curato personalmente, è stata progettata appositamente ripercorrendo i temi del dossier che ci hanno portato alla vittoria del titolo“.